I lavori in quota hanno un’alta percentuale di infortuni: l’esempio classico è quello dei cantieri edili, ma non sono esenti le coperture degli immobili e gli altri spazi produttivi, come magazzini, silos o serbatoi ai quali si deve accedere con scale e passerelle e i lavori di manutenzione e qualsiasi ambiente o area di lavoro interno od esterno che preveda un possibile rischio di caduta dall’alto.

Un’analoga situazione si riscontra anche in tutti gli ambienti interni che delimitano ambiti produttivi, dove sono impiegati macchinari particolari, impianti e passerelle.

In questa tipologia di lavori e spazi la “caduta dall’alto” rappresenta il primo rischio di infortuni e morte, anche se non è l’unico. Ma cosa si intende precisamente per “caduta dall’alto”? Il Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro (D.lgs 81/2008) la identifica all’art. 107 nel contesto di una “attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 metri rispetto ad un piano stabile”, delineando così una definizione che si può applicare ad un’ampia varietà di casistiche. A maggior ragione, quindi, è importante prevenire e mettere in sicurezza tutte le zone a rischio, tenendo anche presente che la responsabilità rimane in capo al datore di lavoro oltre che al proprietario dell’immobile.

 
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